Dal 10 al 24 Dicembre 2016 espongono

Premoli Giacomo, Schiatti Simona e Volsa Francesco.

RECENSIONE

Sempre affermati artisti nelle collettive organizzate dalla galleria “La Spadarina”, strada Agazzana 14, Piacenza, di Rosario Scrivano. Fino al 24 dicembre 2016 esporranno infatti l’ultima produzione lo scultore Giacomo Premoli (Brescia), i pittori Simona Schiatti (Monza-Brianza) e Francesco Volsa (Bari).

Premoli è un autore quanto mai interessante e in questa selezione di opere – collage, sculture o pitto-sculture che dir si voglia – emerge tutta la sua ecletticità. Il ciclo qui esposto e dedicato agli strumenti musicali è oltremodo importante perché ci permette di conoscere uno dei lati più significativi della sua creatività. Infatti, dopo aver affrontato la figuratività e analizzato l’arte di sommi artisti, qui Premoli coltiva e cavalca il proprio naturale estro. Nell’ultima produzione troviamo infatti collage e composizioni con al centro strumenti musicali provenienti anche da raccolte storiche o utilizzati in contesti prestigiosi. Al loro intorno troviamo oggetti all’apparenza posati casualmente, invero con una mini-storia nella configurazione complessiva. 

Per formazione e per tendenza culturale degli addetti ai lavori le sue opere potrebbero essere etichettate o come espressioniste o, meglio ancora, come Pop-Art. La musica ha sempre ispirato gli artisti: qui siamo di fronte ad objet trouvè che, nel particolare e nell’universale, hanno una loro precisa finalità. Ogni composizione di Premoli dimostra un aspetto recondito e/o caratteristico del singolo strumento a livello storico o tecnico o culturale o altro ancora. Ma è anche in grado di generalizzare, mediante astrazione, una determinata vicenda arricchendo così il piano del dibattito. 

Schiatti invece svaria molto sul fronte figurativo, ma non genera confusione visiva o contenutistica. Infatti tutte le sue composizioni – acquerelli in prevalenza – hanno una finalità all’apparenza descrittiva, invero puntano a indagare e sovente arricchire un determinato target di soggetti. Tutte le sue opere sono con-chiuse, in sé definite, puntano cioè ad evidenziare la curiosità dell’autrice e la sua mentalità indagatrice. Le vivaci nature morte, le marine, il gruppo di persone/la piccola folla di individui denotano una padronanza del genere. E, in seconda istanza, la volontà di appropriarsi di un patrimonio storico e culturale nonché popolare per la diffusione talora capillare.

Schiatti molto spesso affida alla vivacità cromatica il desiderio di emancipare le composizioni, lanciarle in un mondo di valori assoluti. C’è nella sua arte anche una componente mimetica evidente nel confronto con la storia e con l’evoluzione dei vari generi. Ma c’è anche il tentativo di personalizzare e caratterizzare i singoli temi, dal ritratto alla marina fino alla natura morta. Anche perché la pittura, in questo inizio di terzo millennio, è e sarà sempre più una scienza dell’analisi sociale e culturale affidata alla grafica ed ai colori. Soprattutto acquerelli nel caso di Schiatti, un metodo antico, efficacissimo però per comprendere inedite potenzialità dell’arte e il fascino senza tempo della pittura.

Volsa infine sente il fascino sempiterno della pittura, per lui uno strumento di indagine a tutto campo nell’ambito della rappresentazione. Alcune tele hanno carattere descrittivo, cercano un’empatia con gli animali e, indirettamente, anche con la natura (Libertà disinvolta). Qualcun altra opera ha intenti affettivi e nostalgici, legate come sono ad atti addirittura di eroismo militare (Forever starfighter). Ma è confrontandosi con la grande pittura di storia che Volsa ottiene i maggiori risconti di pubblico e di critica. Studi (incisione su stucco) è un tributo storico ed affettivo a Leonardo da Vinci mentre Sindone indaga un mistero senza fine. Perplessità di Apollo già dimostra la straordinaria predisposizione di Volsa per certa ritrattistica storico-mitologica. Il profilo del volto e la decisa caratterizzazione dei tratti sono il modo migliore per comprendere il peso di altre opere della sua produzione. E segnatamente le due versioni del Laocoonte dimostrano  le altissime capacità mimetiche e re-interpretative del pittore barese. C’è in queste tele la fierezza dell’eroe troiano nell’attimo prima della tragedia personale e collettiva che segnerà per sempre la storia della sua città travolta dalle invasioni dei Greci. Soprattutto Antikitera è un capolavoro perché riesce magistralmente a fondere varie dimensioni spazio-temporali. Il ritratto in primo piano fissa l’hic et nunc, ci dice che la storia è un patrimonio collettivo ancora vivissimo ed attualissimo. Mentre gli elementi circolari sullo sfondo denotano la profondità della storia e quindi della ricerca artistica che di quella ne diviene ancella.

Lasciando, ecco ciò che importa maggiormente, un grado di libertà sicché Antikitera può porsi come una stupenda e bellissima incompiuta. E questo proprio per il suo carattere in fieri, per le pennellate lente ed assaporate, per l’olio ben diluito fin quasi a scomparire  in alcuni punti della tela.

Una collettiva intrigante dunque che ondeggia tra l’esuberanza tattile e visiva di Premoli e che per un attimo s’acquieta nelle eleganti opere di Schiatti per trovare un acuto nella varietà e nell’avvincente declinazione antichizzante di Volsa.                                                                                                                                                                         

               Fabio Bianchi