Dal 10 al 24 Giugno 2018 espongono

Bisighin Paolo, Iosco Giulia e Tomassetti Giampaolo.

INTRODUZIONE

Non una collettiva di fine stagione, ma un’altra grande mostra alla galleria d’arte “La Spadarina” di Rosario Scrivano, strada Agazzana 14, Piacenza. Un piccolo-grande evento che costituisce il sigillo finale della stagione 2017-18 e nel contempo costituisce – anzi può costituire – il viatico e il rilancio della stagione 2018-19. Fino al 24 giugno 2018 esporranno infatti le loro ultime opere Paolo Bisighin di Udine, Giulia Iosco di Roma e Giampaolo Tomassetti di Perugia.

RECENSIONE

L’arte – la pittura in particolare – sono sempre più discipline pubbliche ed inter-soggettive. Cioè esperienze condivise e condivisibili da tutti soprattutto per la fruibilità e la trasmissibilità garantita dei nuovi media. Ecco allora che anche i pittori devono adeguarsi, concepire o brevettare qualcosa di nuovo. Magari rifacendosi, giocosamente, alla storia come Bisinghin; magari puntando ad una ricerca ultra-coloristica, ultra-formale ed ultra-sostanziale come Iosco; oppure riflettendo sui contenuti, introiettando la componente teatrale, semplificando o ridefinendo una rappresentatività che – da puramente teorica – diviene direttamente esperibile e quasi confidenziale come in Tomassetti.  

BISIGHIN. Colpisce il tono favoloso, anzi favolistico dei suoi dipinti, perché contestualizzati nell’aria aperta, fra cielo e mare, fra nuvole e tramonti, quasi verso un empireo segreto. La grande discordanza fra soggetti ed ambientazione è la cifra stilistica di Bisighin che nobilita la pittura in senso quasi surreale. Le sue buffe creature acquatiche o volanti ci dicono che la pittura è una disciplina eterea, sognante, talora decisamente fantastica. Qual’è il discrimine fra cartoon e grande arte, fra pupazzi e impegno civile quando non morale? Semplicemente la tecnica, l’abilità grafica e disegnativa di Bisighin che – a contatto con la purezza dei colori naturali – diventano una raffinatezza visiva. Non però fine a sé stessa, ma subordinata ad un’ambivalenza espressiva, ad un doppio piano narrativo. In primo piano pesci, galli, animaletti fantastici, a ribadire come la pittura sia anche goliardia, talora prestigiosa, però sempre subordinata ad una consapevole irrealtà, ad un’immedesimazione improbabile. Affascinante però, per – appunto – lo strano accostamento. 

IOSCO. Nata e residente a Roma, Iosco ha frequentato con successo l'”Accademia di costume e moda” sempre di Roma coltivando la pittura sin dalla più tenera età. Si intuisce allora un approccio pittorico diverso da altri pittori sia nella forma che nei colori che nell’impianto generale dell’opera. I soggetti sono atipici e spesso diversi fra loro, spaziano dalla natura alla figura sfociando poi nell’informale quando non nella pura astrazione. Perché a Iosco interessa la varietà e la ricchezza del mondo esterno, predilige non un preciso filone poetico, piuttosto segue la mobilità dell’ispirazione. Anzi Iosco si è costruita tre para o simil-filoni riconducibili alla passione, alla percezione ed alla comunicazione. La passione per l’arte è innata o può derivare dagli studi quindi dalla storia: si spiegano così certi dipinti idealmente vicini allo spirito delle Avanguardie storiche come “True”, intenso volto femminile.

La percezione è quasi una passione attualizzata, una tecnica quasi scompositiva perché va oltre la superficie, scava nel profondo della propria anima innanzitutto (Us; Holy). Ma anche nel senso e nel simbolo di – soprattutto – certe figure che hanno perso la parvenza umana (A summery map of pain). Hanno però acquistato un significato meta-pittorico (Genesis), sono diventate artifici talora ingegnosi per esprimere un quid segreto, sono l’equivalente dello storytelling letterario. 

Infine la comunicazione come recupero di istanze umane, di una pittura a tratti realistica o addirittura iperrealistica (Wise childhood).

TOMASSETTI. Anche scultore assai stimato, Tomassetti espone in questo frangente composizioni assai innovative soprattutto per la commistione di contenuti. C’è nell’artista perugino un plusvalore espressivo, una dimensione polivalente, una varietà di situazioni alla lunga davvero esaltante. Ondeggia sempre fra un estetismo ed un estremismo visivo, intende la pittura come sovrapposizione ed intersezione di soggetti. Con intuito e spregiudicatezza trasforma la storia pittorica in flagrante attualità, la monumentalità di certe figure perde il romantico ed inavvicinabile appeal. Per acquistare un respiro popolare, raggiungere una religiosità laica, assestarsi su una mitologismo quotidiano altrettanto convincente della versione ufficiale. Anche gli animali di Tomassetti sono declinati oltre la tradizione, hanno un’evidenza diversa, risentono forse di certo spirito Pop Art, però dicono qualcosa di nuovo. E poi ci sono i collage, qui poco documentati, però fondamentali nella sua produzione per l’incisività figurativa.  

COMMENTO FINALE. Anche in questa collettiva tre grandi artisti, tre motivati ed affermati pittori, ognuno portatore di una propria ed originale poetica nella generale frammentazione sociale e culturale di questo periodo.

L’arte di Bisighin ci sembra una congiunzione tra la storia e il genere, l’accademia e la prospettiva, ringiovanita però per esigenze non certo provocatorie. Ma per ribadire la fondamentale genuinità e spontaneità della pittura contro tante elucubrazioni.

Iosco propone invece una sintesi ed una commistione di generi alla ricerca di una sempre più stimolante disarticolazione creativa e strutturale. Questa concezione potrebbe suggerire nuovi valori, uno spostamento verso una diversa interiorità, verso una soggettività trasformata, una riscoperta di una transizione psichica. 

Tomassetti invece va oltre, gioca con i colori, spinge i soggetti oltre la convenzionalità, va avanti ed indietro nella concezione, va su e giù nella sperimentazione, inserisce poi dei fogli di giornale nobilitando così il collage. Cosa ci dice? Che la pittura – non scordiamo che è anche scultore – è una disciplina bellissima perché può narrare tutto, commentare tutto, rappresentare tutto, inserirsi ovunque. E’ la quintessenza della nostra vita, è un ordine segreto che permea tutto e tutti. Sempre con discrezione, ma perentoriamente. 

                Fabio Bianchi