Dal 13 al 27 Aprile 2014 espongono

Berti Carlo, Ghilarducci Paolo, Guglielminetti Mariella e  Hepeisen Stefania.

RECENSIONE

Le sorti di una galleria d’arte dipendono dal titolare, in questo caso dal gusto e dalla sensibilità del selezionatore che, in questo caso, è un pittore assai raffinato, Rosario Scrivano. E gli artisti coinvolti in questo interessante turn-over alla galleria “La Spadarina”, strada Agazzana 14, sono altrettanto bravi: si tratta infatti dei pittori Carlo Berti di Firenze, Mariella Guglielminetti di Torino e Stefania Hepeisen di Genova e – in questo caso perché è anche pittore – dello scultore Paolo Ghilarducci di Lucca.

Berti potrebbe essere – per certi aspetti già lo è – un caso nella pittura contemporanea  avendo, le sue opere, ottenuto nell’arco di poco tempo notevoli riconoscimenti. Sono semplici pastelli colorati su tela ma dicono molto: geometrizzanti, legnose e irregolari ma infinitamente umane. Figure, nature morte e animali cioè soggetti tradizionali ma scomposti secondo un ordine misterioso che avvicina molti stili. C’è Paul Klee ma ci sono anche Alighiero Boetti, certa Transavanguardia (mosaici di Mimmo Paladino in particolare), sprazzi sia di cultura “Underground” che di “Graffiti art” in un mix originale e modernissimo.

Anche Guglielminetti lavora su tipi consolidati, fiori e volti soprattutto ma anche nudi, sempre resi in modo vigoroso, a tratti scultoreo. I suoi oli su tela sono tanto debitori alla grande storia – in particolare italiana – tanto proiettati nel solco tracciato da intraprendenti americani contemporanei. La sua sfida allora è rilanciare il genere in questi anni difficili perché soprattutto la pittura scava, circoscrive, trova valori profondi. Nella sua arte c’è passato, presente e futuro e sulle ceneri del post-moderno vuol ridare alla pittura la centralità un tempo occupata nel sistema sociale e culturale.  

Heipesen invece s’è tuffata a capofitto nel genere, vi si è adagiata, l’ha ripreso ed esaltato. Le sue nature morte sono esercizio di altissima caratura tecnica e stilistica, denotano personalità non comune, sensibilità sopraffina. C’è equilibrio e respiro della grande pittura del ‘600 e ‘700, anche lo spirito neoclassico nella pulizia dell’immagini, nei colori tersi, nelle calibratissime sfumature. Le sue nature morte sono più vive che mai, c’è – come diceva Winckelmann “nobile semplicità, serena grandezza”. E proporre oggi questa pittura significa rivendicare fulgide storie, purezza morale.

Infine Ghilarducci che qui presente interessanti sculture ma già affermato pittore di stampo onirico e – secondo l’accezione fine ‘800 – simbolista. Le opere, in gran parte in terracotta ma lavora benissimo anche gesso e ceramica, esprimono un profondo bisogno interiore di rapportarsi alla natura soprattutto. Indirettamente anche al mito, alla mitologia, a certe favole del mondo classico quando il rapporto umano era vissuto con slancio, sincerità, prossimità assoluta e senza infingimenti. Ci sono – perlomeno si intravedono – anche le inquietudini moderne che spingono l’artista a movimentare le composizioni, a piegare i corpi, a flettere la materia. D’altronde gli scultori – fra tutti gli artisti – sono quelli più attenti alle modificazioni spazio-ambientali e, quindi, ai riflessi comportamentali.

               Fabio Bianchi