Dal 16 al 31 Marzo 2013 espongono

Babini Enzo, Barrese Franco, Ciocca Giorgio e  Simeone Lucia.

RECENSIONE

 Anche questa collettiva dimostra come Rosario Scrivano, titolare della galleria d’arte “La Spadarina”, abbia volutamente selezionato artisti assai diversi per stile e formazione sempre però emblematici per mostrare quanto ricco e variegato sia il panorama italiano contemporaneo.

Fino al 31 marzo esporranno infatti i pittori Franco Barrese di Perugia, Giorgio Ciocca di Cuneo e Lucia Simeone di Firenze e lo scultore Enzo Babini di Ravenna, ciascuno portatore di uno specifico linguaggio.

Le opere di Barrese sono figurativamente assai suggestive perché sintetizzano varie correnti, da Simbolismo a Fauvismo, da Transavanguardia ad Arcaismo. I continui riferimenti mitologici – serie “Le Muse di Apollo”, i “Putti danzanti” … – sembrano dirci quanto la pittura odierna sia ancora imprescindibilmente legata a un passato più o meno recente. Se il Simbolismo è didascalico, l’irruenza Fauve emerge nei colori ma non c’è nessuna trasgressione formale. Al contrario i riferimenti alla Transavanguardia ribadiscono come quel movimento abbia condizionato l’immaginario dei pittori della generazione di Barrese, nato a Città di Castello (Perugia) nel 1956. Ma quel che più colpisce sono le citazioni arcaiste, quel  desiderio cercato e insistito di immergere i dipinti in una dimensione remota, quasi fossero reperti di un tempo immobile e glorioso.

Babini è un grande scultore, forse uno degli ultimi artisti che intendono ed elevano l’espressività a fattore etico e morale in grado di condizionare i comportamenti umani, indurre riflessioni profonde sulla vita. Utilizza diversi materiali per assecondare la propria versatilità ma anche per unire metaforicamente le nazioni: infatti molte sue opere sono composte da un substrato ottenuto dalla fusione di “argille degli oceani” provenienti dai vari continenti. Uno dei temi preferiti da Babini poi è il presepe, sempre reso in modo chiaro, veristico, in alcuni casi popolare, in altri immerso in una cornice all’apparenza geometrica invero cosmica e trascendente. Ricordiamo che Babini ha anche intrapreso un’operazione culturale grandiosa: in bassorilievi di porcellana ha sintetizzato la “Divina Commedia” di Dante, uno per ciascuna cantica, ottenendo una sineddoche di valore assoluto. 

Ciocca invece da anni si muove nell’Informale, riprende quell’“Action painting” che in America furoreggiò nel secondo dopoguerra e che in Italia non ha ancora esaurito le proprie potenzialità. Sostituire oggi l’oggetto-opera con il gesto del corpo e con la forza estrinseca del colore significa considerare l’arte come un meraviglioso atto istintuale, sintesi e anticipo del divenire. Infatti nelle sue opere  – tutte utilizzanti vistosi colori acrilici – prevale non l’estrema e radicale opposizione ai condizionamenti repressivi della società. Piuttosto un sentimentalismo nostalgico, forse il recupero di un’intensa “joie de vivre” o l’attesa o la speranza verso un universo dominato da un’allegria cromatica. Lo spazio della tela non rispecchia allora l’esistenza immediata ma può e vuole essere un piccolo-grande sogno collettivo, la ricerca di un mondo libero da qualsiasi vincolo. 

Radicalmente opposto l’approccio di Simeone, fra l’altro da anni docente in un importante liceo artistico statale di Firenze e che, anche nell’ultima produzione, utilizza tecniche collaudate come l’acquerello e l’incisione. Soprattutto la pittura ad acqua significa per Simeone gettarsi nel gran grembo della natura, recuperare sottilissime velature coloristiche che altro non sono che sensibilissimi stati d’animo. C’è alla base di tutto un particolare “esprit de finesse” che le permette di rappresentare sì la natura e l’ambiente ma – in modo particolare – in non detto e il non visto, il sussurrato e l’intuito. Anche le incisioni e le grafiche ribadiscono la sensibilità dell’autrice verso la storia dell’arte, verso una maniera artigianale che nei secoli ottenne risultati altissimi e che ha sempre mantenuto alta l’ispirazione, ha sempre avvicinato manualità e idealità.

          Fabio Bianchi