Dal 22 Marzo al 5 Aprile 2015 espongono

Malteno Daniela, Marzin Mara e Montagna Jacopo.

RECENSIONE

Ancora brillanti artisti alla galleria d’arte “La Spadarina”, strada Agazzana 14, Piacenza, di Rosario Scrivano. Infatti fino al 5 aprile esporranno i pittori Daniela Malteno di La Spezia, Mara Marzin di Pordenone e Jacopo Montagna di Padova.

Daniela Malteno dipinge da poco essendosi dedicata per decenni alla ceramica come dimostrano interessanti composizioni qui esposte (Indio, terracotta; Goccia, refrattario). Ma in pittura potrebbe fare grandi cose se riuscisse a mantenere identica intensità espressiva, assecondare l’innata versatilità. Alcune opere hanno simbolismo arcano, colori irreali, potenza espressiva (L’abbraccio), altre denunciano un deciso metamorfismo, quasi una seconda pelle surreale (La bocca). Talune vivono di sperimentazioni (Hippo) o cercano una rinascita morale (Nelle tue mani). Ma una è superlativa: si tratta de “I dormienti”, ammasso di feti colorati fra cui spiccano alcuni ma pochi volti. Sono una denuncia contro l’aborto, un’implicita esaltazione della vita, hanno la semplicità e la forza dei classici cioè di quelle grandi e inattaccabili opere che ben sintetizzano un’epoca, caratterizzano determinati momenti storici.  

Mara Marzin è invece una pittrice sospesa tra la purezza del ritratto e la ruvidezza dell’informale, tra la semplicità del volto e la conturbante caoticità dell’informale. Il volto ci racconta una storia, magari misteriosa, magari eccitante e poi ricalca una tradizione quindi è confortante. E lo dimostrano i volti dei giovani reali inglesi William e Kate ma anche la sicurezza di Angela Merkel nonché gli intensi volti anonimi su sfondo monocromatico. L’informale invece è il regno dell’incertezza, l’opposto della leggibilità della figura perché qui dominano casualità, incertezza, frammentazione. Accentuate poi dalla sovrapposizione di diversi materiali – carta, velina, tela di sacco … – che aumentano il grado di aleatorietà della composizione. La dialettica tra i due generi è però indicativa per comprendere come gli artisti contemporanei siano condizionati e suggestionati dalla cultura dell’immagine.

Jacopo Montagna si muove in un ambito che potremmo definire post o simil surrealista ma è sempre un’etichettatura limitativa. Infatti in Montagna, se lo spunto è in effetti surrealista come stravolgimento del reale, la traduzione su tela – di medie dimensioni, sempre tinte ad olio – è alquanto creativa. Le sue opere risentono di altri movimenti, dall’aggiornamento del “Realismo magico” all’adesione ad alcuni postulati del “Magico primario”. Cosa rappresentano le sue composizioni? La parodia o l’esaltazione della musica (Il chitarrista)? La nostalgia o la condanna di un clima troppo famigliare (Quel mazzolin di fiori)? E ancora: la dialettica con la scultura (L’evoluzione); il confine sottile realtà-apparenza (Nascondere); il gioco, lo scherzo, il voyeurismo (Le gambe di Emi)? Non lo sapremo mai ma la pittura di Montagna ben esprime le allucinazioni e le paranoie, le crisi e le depressioni del nostro tempo.

Anche qui Scrivano ha allora reso conflittualità e dinamismo che animano la nostra pittura cioè il desiderio di evadere dagli schemi (Montagna), l’oscillare fra essere e divenire (Marzin) e la volontà di trova una logica anche sperimentale (Malteno).

              Fabio Bianchi