Dal 23 Febbraio al 10 Marzo 2013 espongono

Bianchi Lara, Festa Salvatore e  Guerrero Ubelly.

RECENSIONE

Le curiosità artistiche e culturali hanno portato il gallerista Rosario Scrivano, titolare della struttura espositiva “La Spadarina”, ad indagare in questa collettiva – avente come protagonisti la fotografa Lara Bianchi di Milano, il pittore Salvatore Festa di Pavia e la pittrice Ubelly Guerrero di Ravenna – il sottile diaframma che separa la realtà e il suo doppio, in questo caso fotografico. Ma anche a recuperare una pittura di stampo naif con le opere di Guerrero nonché a proiettarsi nella post-modernità alla ricerca di nuove suggestioni con i bassorilievi di Festa.

Le fotografie di Bianchi sono state intitolate “Margini” e ritraggono situazioni sociali spesso critiche, sempre ai confini della società industriale e occidentalizzata. Nei suoi scatti fortemente interiorizzati coglie persone purtroppo isolate materialmente e spiritualmente – Diversamente bambini; Ora di pranzo; Eva & Eva, … – che, bloccate in una densità narrativa e in vivaci contrasti cromatici, mostrano però grande dignità. E’ un’umanità forse minore ma consapevole del proprio disagio – Melting pot; Smarrito; In cerca di cibo; Nell’indifferenza… – e sempre in attesa di una catarsi, di una rinascita che il fotografo può solo abbozzare, suggerire nel campo lungo dell’immagine.

Ma ci sono anche solenni paesaggi che riflettono – come suggerisce il sottotitolo di “Margini” e cioè “Dai margini del mondo ai confini della nostra solitudine” – una nostra istintiva ricerca di purezza nel gran caos esterno. Ma da questo mondo la fotografia ci aiuta a reperire scorci particolarmente significativi – Estranei; Oltre; Errante … – per scandagliare i nostri sentimenti, per misurare la nostra sensibilità   

Le tele di Guerrero sono un singolare mix di folclore, popolarismo e tendenze orientaleggianti non dimenticando il Simbolismo di fine Ottocento. Ad un primo esame le sue variopinte tele possono ingannare ma, approfondendo, si scopre un’artista di temperamento che conosce benissimo significato e portata della pittura cosiddetta di genere. I soggetti sono spesso voluttuosi, l’integrale nudità di alcune fanciulle rimanda a una nostalgia edenica, alla purezza di un paradiso forse irrimediabilmente perduto. Guerrero confessa infatti di voler essere «parrocchiale per essere universale». Predilige volutamente un approccio piatto, schematico, didattico che le consente di ottenere effetti altamente descrittivi e quindi alla lunga fortemente introspettivi. I riferimenti a Rousseau, Ligabue ed esplicitamente a Botero non sono allora casuali e/o gratuiti ma celano una profonda conoscenza della pittura del Novecento. Ribadita nella fattispecie dai dipinti ispirati per esempio all’universo Fauves e all’astrattismo mitteleuropeo di Franz Marc che denotano – attraverso prospettive contratte, semplificazioni cromatiche e addensamento di immagini – l’insistita ricerca di un puro Logos interiore, di verità spirituali sottratte alla percezione immediata.

Le opere di Festa spiccano per due distinti caratteri, alla fine riconducibili ad uno solo: sono pitto-sculture e, come tali, si presentano sotto le forme di bassorilievi. La tecnica utilizzata – soprattutto il cartongesso con colori spesso tenuti e sfumati – si presta benissimo perché malleabile per ottenere effetti a mezzo tra il rigore della scultura e le sfumature della pittura cioè fra velature rigide e la maggiore mobilità della pittura. Confrontandosi con vari contesti Festa ritrova allora una singolare unità espressiva, quasi un “grado zero” della pitto-scultura: “Caffè teatro”, “Stai all’occhio”, “Rose notturne”, “Galassia”, “Incontro” … Sono tutti temi assai diversi da loro ma unificati da una personalità forte, sicura del proprio gesto, capace di controllare e talora smorzare il dinamismo.

              Fabio Bianchi