Dal 25 Maggio  all’8 Giugno 2014 espongono

Bulfarini Franco, Cesare Roberto, Cheri Armando e  Lecchi Marino.

RECENSIONE

E’ una delle più belle collettive organizzate negli ultimi tempi dalla galleria “La Spadarina”, strada Agazzana 14, Piacenza, del pittore Rosario Scrivano. Chiude sicuramente in crescendo, anzi con un botto, la stagione 2013-14 ma – conoscendo il titolare – non è una sorpresa poiché, già in altre occasioni, Scrivano aveva riunito artisti di classe e di temperamento. Qui fino all’8 giugno esporranno i pittori Franco Bulfarini (Modena), Marino Lecchi (Bergamo) e Cesare Roberto (Vercelli) nonché lo scultore Armando Cheri (Venezia).

Bulfarini è semplicemente fantastico, la sua pittura astratta e visionaria è in breve approdata ad un “indeterminismo estetico” che ha l’ambizione di un movimento, respiro e presupposti di un’Avanguardia. Le sue opere – sempre tecniche miste su tela – sono talmente mosse e articolate, ameboidi e geometrizzanti al contempo, da non lasciar respiro. Sono concentrati di energia visiva e psicologica, esplorazioni di altre configurazioni, riscoperte di dimensioni nascoste del nostro ambiente ma anche del nostro “Io” dove l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande collimano. 

L’approccio di Lecchi è altrettanto, se non di più, fantasmagorico di quello di Bulfarini ed entrambi perseguono quell’“indeterminismo estetico” che sembra essere diventato croce e delizia di generazioni di pittori. Predilige strutture avvolgenti, avvinghianti, spesso inviluppantisi su sé stesse a sottolineare complessità e contraddizioni di una società malamente stratificata. Anche qui l’effetto visivo è superlativo, piani tridimensionali e talora vorticosi – tecniche miste su tela – si intersecano e sovrappongono in un gioco infinito di rimandi organicistici e naturalisti.

La pittura di Roberto è invece più contratta, enigmatica, spesso misteriosa legata com’è a strutture segniche e referenziali. Ci sono infatti nelle sue tecniche miste – olio, acrilico, smalti e oggetti vari su tela – la ricerca di un purismo geometrico, di un’anti-razionalità che potrebbe divenire un nuovo ordine. All’artista interessano non tanto equilibrio e fusione degli oggetti ma, più che altro, quello che ineffabilmente intercorre tra essi. E proprio questo quid diventa il discrimine sottile che lega materia e spirito, la realtà e il suo doppio, la componente minimalista e quella concettuale.

Infine lo scultore Cheri, un grandissimo, capace come pochi di lavorare il legno che, nelle sue abilissime mani, diventa non materia plasmata e levigata. Ma un substrato luccicante quasi fosse un elemento vitale o drammaticamente protesto a conquistarsi  estremi rigurgiti di vita. Le sue composizioni sono o teneramente o solipsisticamente concepite per essere o principio o fine di un’esperienza umana, di avventure dello spirito. Sembrano astrazioni ossificate o mummificate in realtà possono tramutarsi in spunti per infinite opere, occasioni per rideterminare il visibile e l’invisibile.  

Con questa collettiva allora Scrivano tocca vertici altissimi, avvicina e nobilita universi lontanissimi tra loro invero vicinissimi in nome dell’unità dell’arte, della potenza della creazione, dell’eccelsa solitudine dell’opera su tela o del manufatto.

               Fabio Bianchi