Dal 28 Febbraio al 13 Marzo 2016 espongono

collezione La Spadarina, Mariani Mariangela e Sarteur Ugo.

RECENSIONE

Grande ed imperituro merito della galleria d’arte “La Spadarina” del pittore Rosario Scrivano è – sarà sempre più in futuro – l’aver portato a Piacenza affermati artisti di altre province, talora stranieri. E fino al 13 marzo esporranno l’ultima produzione i pittori Mariangela Mariani di Monza-Brianza e Ugo Sarteur di Torino.

Mariani è una pittrice, secondo consolidati criteri, “tradizionale” per sensibilità e temperamento. Ha però sempre mostrato grande duttilità negli ambiti espressivi frequentati e cioè pittura soprattutto, ma anche acquarello ed incisione. Infatti si è sempre cimentata – si cimenta tuttora – in tecniche assai praticate che, se affrontate con entusiasmo, ancora oggi possono dire e dare molto al frastornato uomo contemporaneo. Nell’approccio di Mariani peso e incidenza della grande pittura hanno ancora senso, l’icasticità impressionista ha lasciato più di un segno. Nei paesaggi e pure negli scorci cittadini effetti di realtà e tracce di veduta sono abilmente miscelati. Nelle sue tele c’è la realtà nella sua fragranza, ma c’è anche il rigore che – dall’accademia – si è trasferito nella pittura di genere. Il confronto con il mondo esterno ha sempre rappresentato il primo passo per qualsiasi pittore. Concentrarsi su quello ribadisce sempre un notevole valore, sempre garantisce un alto profilo e, forse, votato più alla conservazione, comunque ammirato ed intrigante

La pittura di Sarteur colpisce subito per vivaci cromatismi, impostazione fantasiosa, clima favolistico. E’ sempre più difficile oggi per un pittore edulcorare la realtà, descrivere in tono bonario un reale purtroppo sempre più complesso e quasi ingestibile. Ma da anni Sarteur propone il suo mondo fantastico, le sue scenette spiritose, il suo universo poetico e visionario. Tutte le sue opere – sempre olio su tela, formato medio – sono metafora di qualche situazione umana, sono un rilettura alquanto libera e talora spregiudicata. Fin dove arriva la realtà? Quando comincia la finzione? E’ l’eterno dibattito fra mimesi e diegesi da Sarteur risolto nel dinamismo della forma e nel tono nobilmente popolaresco. Stilisticamente  poi  sembra indulgere al naif, ma si ferma un attimo prima per non perdere la forza morale, lo stimolo che l’assurdo può ancora dare, l’incitazione che può derivare dall’assoluta ma comica irrazionalità. Non scordiamo illustri apparentamenti letterari come in “Il barone rampante”, dal capolavoro di Calvino o da potenti suggestioni di Kandinskij.

Anche in questo caso il gallerista Scrivano ha cercato e raggiunto una dialettica fra artisti simili per ispirazione: entrambi mutuano l’idea dal reale. Più descrittivo e didascalico però il procedere di Mariani, più portata a cogliere la realtà nell’intensità emotiva dell’attimo fuggente. Sarteur mantiene invece il tono della favola, della ballata popolare, sempre però attento al risvolto sognatore quasi il pittore sia un demiurgo o forse qualcosa in più. Avere cioè la naturale capacità di imporre la propria visione, la propria personale illusione cioè, al pubblico.

                  Fabio Bianchi