Dal 28 Ottobre al 12 Novembre 2017 espongono

Masetti Mauro, Sartori Marika e Toselli Michele.

RECENSIONE

La galleria d’arte “La Spadarina” di Rosario Scrivano, strada Agazzana 14, Piacenza, allestisce sempre collettive con artisti affermati. E fino al 12 novembre 2017 potremo vedere le ultime opere di Mauro Masetti di Ravenna, Marika Sartori di Firenze e Michele Toselli di Torino. Si tratta di tre artisti, tre pittori, che si integrano vicendevolmente cioè possiedono uno stile complementare l’un l’altro. E questo aspetto è ben visibile nell’allestimento in tre differenti spazi, risultato di una programmazione e di una selezione ad hoc del gallerista e pittore Scrivano.

Per Masetti lavorare la materia significa confrontarsi strettamente con la vita, con la quotidianità nelle sue multiformi espressioni. Tutto nasce e finisce con e nella materia che, via via, è grezza, lavorata, biologica …. Per un artista rappresentare attraverso la materia significa cercare una mediazione che diventa purificazione. Significa sondare metaforicamente anche il nostro animo alla ricerca dell’inesprimibile. La varietà dei colori paradossalmente non stecca, anzi stacca, avvicina le varie esperienze del gran circuito della vita estetica e sensoriale. La ricchezza visiva della società delle immagini crea uno stimolo maggiore per comprendere le potenzialità della materia. Nelle opere qui presenti tratta e trattiene molte energie, forse represse, cercando di farle emergere su una superficie. Forse di più, su un substrato quasi tridimensionale che ha o potrebbe avere la consistenza storica e culturale di un libro per trasmettere non parole scritte, ma emozioni e sentimenti. Masetti usa diversi materiali come legno, plastica, gommapiuma ed altri e punta sia sull’accostamento cromatico che sulla sintesi-sovrapposizione per cercare una particolare espressività. In alcune opere  attribuisce al colore una funzione segnica, altrove referenziale, in altre ancora mimetizza la natura. 

Molti artisti come Sartori ancora sentono il fascino o il limite della tela intesa come superficie di per sé significativa, ma avvertono anche il dinamismo del colore. E puntano sia ad una suggestiva traduzione operativa sia ad una riflessione profonda sul senso di quel binomio di valori. La pittura stelle e strisce degli anni ’60 e ’70 ha mostrato la forza e il magnetismo del colore steso su una superficie piatta mentre certi pittori europei erano andati oltre cioè verso la spiritualità del colore. Quest’ultimo altro non è che una pellicola stesa su un oggetto diventando via via mimetizzazione e/o camouflage e/o simbolica trasfigurazione secondo il particolare linguaggio dell’arte.

Sartori lavora anche sulla bidimensionalità della tela, sulla pulizia formale di un supporto che è stato anche lacerato e destrutturato come ci ha insegnato il grande Fontana. Sartori ne propone invece un recupero in chiave minimalista, dove la tela è solo segnata da pieghe geometriche che lasciano presagire una sottostante e forse misteriosa realtà. Forse è un passo avanti, forse è una sospensione del giudizio in attesa di una catarsi, comunque in alcune sue opere c’è l’astrazione evocatrice di Blinky Palermo, c’è l’equilibrata austerità di Barnett Newman, c’è la purezza rappresentativa del colore di Brice Marden.

Toselli, il più spirituale del gruppo, propone un approccio alla pittura assai originale dove confluiscono tutto, Storia nonché anti-Storia della pittura. E non solo quella italiana, soprattutto quella europea e – in prospettiva – anche quella americana. La sua indagine parte da lontano come ci testimonia un suo significativo scritto: « quando ero bambino, l’attrazione per il colore riusciva a darmi sensazioni, emozioni immediate, che sono difficili da spiegare e da trasmettere ad altri. Quello che io sento, che per me rientra nella normalità delle cose, non può, non deve essere uguale per tutti noi. Un’impronta genetica invisibile che ci distingue, ci separa, ma che alla fine ci unisce indissolubilmente tutti.

Quello che cerco di dire lasciando scivolare il colore su di una tela, cioè eseguendo un pezzo “astratto/informale”, pur nell’indefinibile casualità di un movimento e di un segno, si armonizzano tre momenti fondamentali:

  1. il ricordo genetico del movimento;
  2. il ricordo del movimento attuale condizionato;
  3. la razionalità della tecnica di esecuzione.

Per questo ritengo che la condivisione di questi tre momenti sia patrimonio di ognuno di noi, una sorta di capacita artistica-tecnica intrinseca in ogni essere umano. Non può essere solo un caso, comporre, mescolare il colore e fonderlo l’uno nell’altro e infine vedere la materia trasformarsi, prendere una forma, un ricordo. Deve per forza esserci qualcos’altro! Qualcosa di più profondo, di meno superficiale alla materia stessa, mentre il colore attraversa la pupilla e s’insinua nel nostro cervello. Per cui, ogni persona ha un suo potenziale da esprimere, da mostrare».

E’ una poetica semplice, ma straordinariamente complessa ad un tempo perché coinvolge la persona nella sua totalità. La persona come artista e pittore, ma anche – fedele al concetto di Storia e contro-Storia – come spettatore, come appassionato, come critico e alla fine come acquirente. Le sue tele sembrano nascere da un grande Big-Bang primordiale, anzi le sue tele vogliono proprio riprodurre – forse mimetizzare o camuffare – quel misterioso evento. I colori sono sempre vivaci, dinamici, spinti all’estremo nel loro DNA compositivo perché a Toselli interessa cogliere l’ampiezza di ogni colore. Cioè fino a che punto un colore può dilatarsi per poi confluire nell’altro, in un altro, magari anche nel suo opposto. Solo così si può comprendere la realtà di un fenomeno cioè Toselli fra le righe – anzi fra le pennellate – ci dice che l’artista offre un suo singolare contributo. Che consiste nel cogliere un fenomeno atmosferico o spaziale o comunque irrazionale per poi indagarlo, sempre però mantenendo il profilo dell’artista e cioè sognatore, romantico, chimerico …..

BILANCIO FINALE.

Ha un senso questa mostra? C’è un rapporto diretto fra i tre pittori, li unisce un fil rouge ben definito. Più corposo e realistico Masetti, più eccentrica e stilizzata Sartori, mentre Toselli sfuma, screzia o forse cela o forse nasconde, ma i suoi mix di colori sono inebrianti, ci attraggono ben oltre la tela, ci proiettano in un universo infinito. Sembra di assistere – guardando le opere di questi tre artisti – ad una piccola-grande storia della materia, anzi del supporto, anzi della creatività. Ed ancora: Masetti lavora sulla materia, la frantuma e la raggruma in senso plastico o metaforico. Sartori privilegia colori puri e minimalismo, attua una sorta di post-concettualità. Toselli invece parte da lontano, unisce alba e tramonto, Astrazione ed Espressionismo, inizio e fine di un’esperienza umana che finisce trasfigurata con e nel colore. Scrivano vuol allora dirci che la materia e il colore hanno ancora un futuro, possono tuttora – ormai nel terzo decennio del terzo millennio – caratterizzare un atteggiamento minimalista.                                                                                         

              Fabio Bianchi