Dal 29 Aprile al 13 Maggio 2018 espongono

Libralesso Lorella, Pachet Gyslaine e Serafin Adriano.

RECENSIONE

Gli artisti di questa collettiva hanno in comune un approccio tradizionale. In particolare Libralesso predilige soprattutto la pittura figurativa, Pachet e Serafin invece sono dei grandi interpreti della pittura di paesaggio. Che, pur essendo spesso vituperata, è stata ed è tuttora molto importante nella storia dell’arte non solo italiana.

Non fosse che per l’altissimo contributo che il paesaggio, ma anche la figurazione, hanno dato all’evoluzione del contesto culturale non solo italiano.

In questa collettiva troviamo allora un originale confronto stilistico, una diversa declinazione che presuppone una singolare capacità di recepire e trasmettere contenuti della grande pittura di genere.

Libralesso si dedica meno al paesaggio, predilige una figurazione romantica mentre  Pachet è più vicina al paesaggio del tardo Impressionismo. La visione di Serafin è invece totalmente dedicata a quel genere a cui, peraltro, ha saputo conferire estrema originalità.

Libralesso propone una notevole varietà espressiva, una vasta gamma di soggetti, sempre raggiungendo notevole armonia compositiva grazie anche alla buona miscelazione cromatica e tonale.

I nudi di ragazzi orientali rilanciano in senso storico, recuperando nostalgicamente l’eredità di un grande come Paul Gauguin.

Non disdegna la ritrattistica magari immersa in un incorniciamento floreale per accentuarne la suggestione. Interessante allora la ritrattistica femminile quasi sempre immersa in un clima favoloso cioè da favola, in una dimensione spesso orientaleggiante. Convincente poi il volto femminile immerso in una ghirlanda floreale mentre anche il fiore assai ingrandito ha una precisa individualità.

C’è anche una ricerca sui contenuti, un crescendo come specifico programma iconografico tra fiori, volti, nudi e ragazzi in riva al mare.

Tutti questi dipinti ci sembrano culminare in quel misterioso volto affiancato ad arbusti-cespugli ancora più enigmatici, un poetico monocromo virato sull’azzurro che ci dice a quali profondità possa ancora giungere la pittura figurativa.

Pachet ha un’impostazione assai vicina alla pittura di fine ‘800 e primi del ‘900 che non è necessariamente impressionista. Però di quel movimento ancora ne avverte l’aura con, da un lato, un deciso rigore prospettico e, dall’altro, un sicuro uso del colore. E’ un vivace spaccato di realtà tra marine, visioni naturali e paesaggi agresti, soggetti forse già visti, ma sempre accattivanti. Grazie anche alla riscoperta ecologica di ambiente e natura che stiamo vivendo in questi anni. Si appoggia poi a canoni collaudati ottenendo notevoli effetti e ponendosi così in una nicchia artistica assai interessante. La sua forza è nell’uso dei colori che costituiscono da soli la composizione senza cioè bisogno di disegnare conferendo allora un forte senso storico e descrittivo insieme alla realtà. Pachet integra e per certi aspetti supera la percezione fotografica che tanto caratterizza questo nostro periodo storico. Anzi tra immanenza della fotografia e pregnanza dei colori emergono allora opere di forte presa emotiva sul pubblico.

Originalissimo invece Serafin, un mago, un illusionista della e nella pittura di genere, dei paesaggi montani soprattutto. Nella sua solidissima arte ha sempre dimostrato invidiabile sicurezza non solo per certi suoi scorci estremamente realistici e quasi fotografici. Ma per la capacità che ha avuto di rinnovare il genere utilizzando un supporto solido a base anche di polvere di marmo. Ricordiamo che il supporto non è piatto, ma sicché certe sue opere sembrano seguire in piccolo le scansioni orografiche della base. E che è in grado di conferire alle sue composizioni un aspetto giocoso, intrigante, quasi scintillante. Quasi che il paesaggio in questione fosse dall’interno mosso da una scintilla, movimentato da un particolare “genius loci,” vivacizzato da una componente addirittura esoterica.

RIFLESSIONE FINALE

In questa collettiva il gallerista Scrivano propone allora un confronto soprattutto fra generi: da un lato il tradizionalismo e la fedeltà al reale di Serafin che riesce a raggiunge una precisione iperrealistica che significa intensità visiva e trasmissione di  intensità emotiva.

Pachet invece è una post-impressionista, una pittrice di colore e di sostanza, che aggiorna la lezione ed il lascito di certa scuola impressionista sostenendone al contempo la chiarezza formale e metodologica.

Libralesso infine è la più sognatrice, una pittrice che intende ed interpreta la pittura come spensierata scorribanda nella storia dell’arte non solo occidentale.

Dunque realtà in Serafin, storia in Pachet e fantasia in Libralesso. 

               Fabio Bianchi