Dal 29 Dicembre 2013 al 12 Gennaio 2014 espongono
Danzini Alessandro, Villano Bruno e Yilmaz Hunkar.
RECENSIONE
Nella collettiva allestita da Rosario Scrivano alla galleria “La Spadarina”, strada Agazzana 14 (Pc), si potranno fino al 12 gennaio vedere le ultime opere di affermati artisti: i pittori Calcedonio Carlo Cappello (Grosseto), Alessandro Danzini e Bruno Villano (ambedue livornesi) e la scultrice Yilmaz Hunkar (Turchia).
Cappello procede per accumulazione di tutto e cioè di suggestioni, di immagini, di materia, anche di tecniche. Nella stratificazione spesso ossessiva, nella concitazione dell’atto e nella sintesi spesso forzata Cappello sembra dirci che la realtà è un gran guazzabuglio e che l’artista può solo registrare. Tutto si sovrappone a tutto, l’olio su tela è invero un “olio su carta scartata”, un recupero del substrato ma anche della sottostante immagine. Ogni soggetto è una potenziale fonte di ispirazione ma la resa grafica spesso caotica ribadisce la fondamentale riducibilità di ogni cosa a pochi criteri-base. “Tracce di scoiattoli con nidi”, “Venezia”, “Sciami di moscerini disorientati”, “Il canto in prospettiva” o “Sciami di insetti nell’Iris” sono quasi un’unica declinazione, fra rapporti simili e un’interazione martellante.
La pittura di Danzini è viceversa un viaggio, profondissimo e misterioso, ai confini della terra proprio là dove inizia il mare. Una linea sottile demarca queste due sfere in reciproco movimento ma, sembra dirci Danzini, la vita si manifesta sempre: nel mare con un infinito movimento molecolare. Continua sulla terraferma, sulle rocce soprattutto, oggetto di plurisecolare erosione e proprio per questo visivamente assai suggestive. Infatti Danzini procede con impetuosi spunti iperrealistici alla ricerca di quella precisione estrema che dal piano biofisico sconfina in quello escatologico-religioso. E, ricordiamo, come sovra terra e mare si stagli – silenzioso e poetico – un cielo uniforme che, con tratto perentorio, riunisce e avvicina umano e divino.
Villano è invece un illustre esponente della scuola labronica cioè di Livorno, ai più poco nota ma riconosciuta erede della gloriosa tradizione dei “Macchiaioli”. Austero e bellissimo, l’approccio di Villano supera le perfezione formale di certo freddo realismo per catturare l’empito vitale, il soffio impressionista, la velatura poetica. Le sue composizioni sono un tentativo estremo – perciò tanto più raffinato – di catturare la quintessenza della nostra realtà, della nostra storia civile e morale. Punta infatti a ritrovare in angoli soprattutto urbani il significato dell’esperienza umana ma anche, da ultimo, comprendere contributo e ruolo dell’artista-demiurgo
Infine Hunkar è una scultrice di ottimo livello che, lavorando soprattutto il legno, ha trovato una singolare ricchezza figurativa. I “mezzibusti” lignei sono una sintesi di tradizione e innovazione, di organicità e antropocentrismo. Sono un’intuizione notevole, rappresentano quasi una continuità fra il tronco o il ramo e la tipicità della persona, l’individualità di ciascuno. Le sue composizioni sembrano allora un incontro fra solidità del tronco e bizzarra umanità. Ma Hunkar lavora anche su altre dimensioni: la geometria ha ancora il suo fascino ed ecco che i cubi diventano un divertissement raffinato. I semi-cilindri ribadiscono invece il desiderio di catturare e di introiettare la plasticità e la levigatezza della geometria.
Fabio Bianchi