Dal 7 al 21 Maggio 2017 espongono

Baglieri Gino, Daniele Bruno e Stravato Francesco.

RECENSIONE

La galleria d’arte “La Spadarina”, strada Agazzana 14, Piacenza, di Rosario Scrivano allestisce sempre collettive con grandi artisti. E fino al 21 maggio 2017 troviamo le ultime opere di Gino Baglieri (Ragusa), Bruno Daniele (Cuneo) e Francesco Stravato (Latina).

Per certe generazioni di artisti italiani – ma non solo – l’Informale è stato più di un’esigenza interiore, era una necessità vitale. Di che cosa? Di esprimersi, di maneggiare i colori, di negare il passato, in parte di contestare il presente, in gran parte di anticipare speranzosamente il futuro. Qui, nelle opere di Daniele, prevalgono il bianco e il nero cioè due colori-simbolo della grande avventura pittorica occidentale. Quasi Daniele fosse intenzionato a piegare la pittura ormai ex accademica – intrisa pure di luci ed ombre – ad una realtà in rapido movimento. Il bianco e il nero forse ci ricordano un passato recente, soprattutto gli anni ’50 e ’60, quando tutto era più immediato e più genuino. Ora invece tutti siamo più frastornati, la multimedialità del contesto ci obbliga ad utilizzare altri colori. Ecco allora le esplosioni di, con ed in giallo, un colore primario che implica e rimanda a molti altri aspetti. Le spruzzate di giallo scuotono sempre, come in certi romanzi – appunto “gialli” – che hanno sempre contenuti particolarmente accattivanti ed avvincenti talora nell’intrinseca drammaticità. Il giallo degli inserti di numerosi informali di Daniele è anche effigie di pericolo (semaforo, bandiera della Formula 1, codice dell’ospedale ….). Ma il giallo rappresenta pure e suggerisce spesso anche la saggezza per cui le sue opere si configurano come lo spaccato, sintetico più che mai, di ambienti e situazioni in continua trasformazione. Il giallo non solo puntualizza per segnalare intensità e contemporanea crescita etica e morale, ma ci dice anche che molti pericoli sono in agguato in una società sempre più complessa e  massificata. Il poeta-pittore deve solo avvisarci, deve solo avvertirci e/o disinnescare tale matassa.

L’universo pittorico di Baglieri è invece figurativo, realistico, forse neo-accademico, comunque vivace ed attuale. Anzi è ottimamente personalizzato nelle forme e nei forti cromatismi utilizzati e che accentuano sempre più il senso e l’effetto della realtà.  Il realismo non è qui un limite, diventa invero un valore aggiunto a livello soprattutto espressivo, superando ed integrando allora anche certa gloriosa tradizione. Questo perché Baglieri movimenta spesso figure e composizioni mediando fra l’attualità e la storia, il veloce e talora effimero presente e il rigore metodologico della storia. I pittori – italiani in particolare – devono quasi sempre confrontarsi con la grande storia rinascimentale dove l’antropocentrismo non era solo un valore, ma un dogma, un principio assiologico. Se poi aggiungiamo – stralciando sempre dalla storia – l’eredità dell’Impressionismo francese e del generico ma incisivo post-Impressionismo, allora meglio comprendiamo il valore e l’incidenza di un pittore come Baglieri. E non è finito perché in molte sue opere ritroviamo, a livello non solo ispirativo ma come peso specifico, il retaggio di movimenti di grandissima intensità come “Novecento” e “Valori plastici”. Alcune opere qui esposte hanno una costruzione scultorea, un respiro monumentale, non solo descrivono ma anche connotano un ambiente e una persona. “Nudo con camicia” e “Nudo con panno bianco” possiedono una rarefatta classicità, un equilibrio compositivo quasi classicheggiante che ritroviamo anche in “Enzo” nonostante il consolidato movimento che scuote la figura.  

Infine Stravato dimostra, come pochi pittori della sua generazione, di possedere una tecnica – sempre mista nell’estenuata eleganza anche formale – superlativa. Dopo aver dimostrato un’eccellenza pittorica grandiosa nell’ambito figurativo, qui espone opere in prevalenza di piccolo formato a carattere astratto, a ribadire la sua versatilità compositiva. Sono forse piccoli divertissement, esplorazioni nella sua psiche ma anche nella nostra e, indirettamente, nel circostante universo. Dal momento che molte sue opere partono – forse giungono, dipende dai punti di vista – da un mondo infinito, dagli spazi incommensurabili della mente e si fondono con quelli di qualche galassia. Ma, accanto all’infinitamente grande, c’è anche l’infinitamente piccolo cioè l’esercizio stilistico dotto e raffinato che Stravato da anni sta conducendo per ridare alla pittura non solo il dominio del mercato. Soprattutto intende ridare alla pittura il preminente ruolo culturale che le spetta, a vedere nella pittura non un’attività espressiva, piuttosto un’imprescindibile sintesi assiologica. Stravato in questi piccoli capolavori dimostra di essere un sublime ricercatore e quindi continuatore di perdute solennità araldico-formali. Ha scoperto nuove terre, anzi nuove dimensioni espressive, ha indagato magiche configurazioni fra l’astratto e il geometrico. I motivi compositivi, quasi sintagmi dall’assoluto valore semantico, non attingono dalla relatività della cronaca e nemmeno dall’effimero di certa moda. Piuttosto sono un esempio di una nuova classicità, di fusione di motivi fra di loro magari incompatibili (punto, linea, cerchio … ) ma unificati e quasi omologati da una particolare sensibilità. Il suo caso è forse una declinazione unica di spunti a mezzo fra l’esprit de finesse e l’esprit de geometrie, fra arcaicità e contemporaneità, fra oggettività e soggettività, fra rigore del metodo e fascino della narrazione, fra ripresa della tradizione e apertura al fantastico. 

               Fabio Bianchi