Dall’8 al 22 Aprile 2018 espongono
De Micheli Elvira, Russo Elisabetta e Selves Carmen.
RECENSIONE
Sempre grandi collettive d’arte alla galleria “La Spadarina”, strada Agazzana 14, Piacenza, di Rosario Scrivano. E fino al 22 aprile 2018 esporranno le loro ultime opere le pittrici Elvira De Micheli, Elisabetta Russo e Carmen Selves.
Se l’arte è soprattutto ricerca e sperimentazione, allora De Micheli di Genova è artista a tutto tondo. Forse è esplosa tardi, forse sta recuperando il tempo perduto, forse ….. Comunque le sue ultime composizioni sono assai interessanti perché sono una summa di discipline e, al contempo, una somma di sensazioni. Le opere qui esposte dimostrano con flagrante evidenza come e quanto possa essere rivitalizzata la pittura tradizionale. L’input che ispira De Micheli? Niente o tutto, dipende dai punti di vista. Certi soggetti spesso deja vu nelle sue mani hanno raggiunto e raggiungono tuttora effetti particolari, nella fattispecie una diversa forza impressiva. De Micheli lavora sul supporto, prima era la tela, ora o il vetro o l’acetato o il plexiglas su cui interviene con tecniche miste. Riesce così e quasi per magia a rileggere tutti i generi più frequentati nella storia della pittura cioè animali, paesaggi, vedute cittadine … Una concentrazione di valori visivi, storici nonchè psicologici allora che ha dell’incredibile. Perché sorretta da grande tensione emotiva, soprattutto dalla voglia di confrontarsi con l’antico e al contempo dire qualcosa di nuovo. Come dimostrano alcune sue opere qui presenti. “Maternità” per esempio ha doppia naturalezza: quella vitrea e quella colorata, due generazioni, passaggio di consegne fra diverse temporalità nel fluire della vita? “Sul fiume ghiacciato” sembra invece un quadro fiammingo. “Neve sul Duomo di Milano” riprende la grande pittura dell’Ottocento italiano, orgogliosa e nazionalistica. “Libertà”: orizzonte rossastro, quasi da film western, a riprova della vastità concettuale e della profondità visiva delle opere di De Micheli. Infine “Notturno Rio Maggiore”: tema naturalistico, paesaggio per eccellenza, ma reso come intrigante notturno.
La collaudatissima arte pittorica della spagnola Selves predilige invece soggetti tradizionali, dalle marine alle vedute campestri, dalle nature morte alle vedute urbane. Ma non è una pittura di genere perché, nella salienza dell’aspetto descrittivo, nel suo approccio c’è un tratto che la differenzia e la qualifica. Cioè l’uso del colore in senso plastico, dilatato, quasi espressionista e capace di oltrepassare la pura impressione per una diversa caratterizzazione formale. Dalle sue tele emerge infatti, grazie alla vitalità del colore, una maggiore spiritualità perché proprio le sentite variazioni cromatiche proiettano l’opera di Selves oltre il puro mestiere.
Nella catanese Russo predomina un informale vigoroso perché legato al segno e al colore. Contiene poi un’evidenza ed una drammaticità superiori a tanta pittura di quel genere.
Russo vede e sente l’Informale come tentativo di superare la realtà all’insegna innanzitutto della sintesi materica. Ma anche della negazione della pittura storica e di genere per diventare riscoperta delle pieghe dell’animo. Del resto input sempre più frequenti e sempre più profondi dall’esterno obbligano oggi gli artisti ad una diversa velocità esecutiva, quindi ad una gestualità immediata.
Perché ogni colore in Russo ha una sua anima, i vari colori assemblati hanno più dimensioni espressive e la pittura – anzi il messaggio – diventa allora più incisivo. Il frame dal piano dell’immagine passa a quello riflessivo diventa cioè “frame concettuale” perché la grande pittura deve sempre colpire, incidere, suggestionare. In Russo il senso del colore, da unico, può diventare sinfonico cioè dal piano monocromatico può passare con disinvoltura a quello caleidoscopico e crepitante di vita.
BILANCIO FINALE
Anche in questa collettiva tre artisti diversi per stile e concezione, ma simili perché rappresentano una sintesi ed uno spaccato della pittura contemporanea. C’è un’idea, un percorso ed un fil rouge ben precisi fra i pittori qui presenti e cioè un confronto positivo nell’immediato ed una crescita in prospettiva.
C’è in Selves l’importanza nonché l’incidenza della tradizione non solo accademica, anzi sempre più lontana dal genere e con agganci sempre più manifesti nella cultura tardo-impressionista, per certi aspetti nella sensibilità ormai quasi espressionista.
Con De Micheli abbiamo invece un rilancio ed una consacrazione al contempo della pittura tradizionale che con queste originalissime opere guadagna molto. Anzi moltissimo sul piano iconografico fino a porsi non come nuovo, ma come assai più meditato e riflessivo congegno visivo.
Russo infine dimostra come l’Informale sia stato e sia tuttora un esito estremo della pittura non solo italiana, un gioco di colori matericamente denso ed assai ricco di implicazioni e risonanze interiori.
Fabio Bianchi