Dall’8 al 22 Maggio 2016 espongono

Appiani Erica, Katariina Mansikkaniemi e Papale Mauro.

RECENSIONE

La galleria “La Spadarina. Esposizioni d’arte” di Rosario Scrivano da anni propone sempre interessanti collettive. Fino al 22 maggio ha riunito l’ultima produzione di tre brillanti pittori: Erica Appiani di La Spezia, la finlandese Katariina Mansikkaniemi e Mauro Papale di Livorno. Sono tre artisti ugualmente affermati, diversi per formazione, sensibilità e provenienza, ma accomunati sia da una atipica impostazione figurativa sia da un uso libero delle eccentricità cromatiche.

Fra i tre la giovane Appiani è la più sperimentatrice e la più spregiudicata: i suoi volti anzi i suoi intensi primi piani hanno fissità e centralità ma anche aura della grande ritrattistica. Al contempo sono però coraggiosamente vicini ai nuovi linguaggi espressivi, alla nuova cultura grafica dei writers, ma anche all’ambiente underground di evolute metropoli. Esondanti, ingombranti, comunque impattanti: siamo costretti a rivedere e riformulare i connotati dei visi della nostra generazione. Infatti avatar, chat line, second life o piuttosto il profilo Facebook ci spingono in tal senso poiché spesso la pittura anticipa nuove forme segniche e comunicative. Così come la tecnica mista utilizzata da Appiani riflette un caleidoscopio di esperienze e sensazioni, di frammenti e di sfaccettature. Cioè nuovi modelli di fruizione e di percezione indotti dalla diffusione del digitale e dal conseguente stravolgimento antropomorfico che giustifica l’ammiccamento e l’aria sbarazzina. Ritratto come specchio dei tempi, come testimonianza della crescita dell’approccio fumettistico verso una nuova, moderna e non più scontata definizione antropocentrica.

Mansikkaniemi, cosmopolita, appartiene a quella progenie di artisti che cercano nel viaggio e nello spostamento – nel confronto cioè con altre civiltà figurative – il senso del proprio operare. E si vede in questi dipinti ad olio, gran parte su tela, pochi su tavola e che sintetizzano, in un ventaglio di emozioni e trasalimenti, la grande pittura continentale. Da un lato c’è l’evidenza della scuola mediterranea fra contrasti di colori ed ombre colorate, con i suoi personaggi proiettati in interni eleganti e quasi  sacri. Neanche le sue eteree fanciulle perorassero una rinascita Post-impressionista (A soak; Mixed emotion) o ambissero ad un universo embrionalmente Pop (Undercover). Dall’altro ci sono fierezza e pensosità mitteleuropee, desiderio di dilatare le potenzialità delle cromie (Blending) o avvicinare l’ispirazione pittorica all’intuito musicale (In the know). Ma anche catturare il simbolismo della luce (Light in the sight; Encountering light) e della religione (From here to the eternity) nonché intercettare magia ed esoterismo che solo certa estroversa pittura può suggerire (Music maker; Little blue riding).

Infine in parte nostalgicamente Belle Epoque, in parte descrittivamente Liberty, le figure di Papale – concepite in esplicito omaggio al tango argentino – ci raccontano una dimensione “borgesiana” di vita. Le figure avvinghiate ma indefinite di questo ciclo testimoniano – una volta di più – l’amore dell’autore per l’arte ma anche, riteniamo, per la narrativa e gli ambienti bohemienne. Notevole in Papale l’uso del colore in funzione portante e strutturale senza, all’apparenza, disegni preparatori. All’artista premeva cogliere il “furor” della passione nell’indeterminatezza stilistica che diventa – anzi ambisce a diventare – vivace e introspettivo Espressionismo. Perché dipingere dei tangueros? Perché nel tango – come in nessun altro ballo – c’è l’essenza della vita come sogno, attesa e delusione, ma c’è anche la metafora della pittura e, per estensione, pure della scultura data forza e perentorietà con cui le figure di Papale si stagliano dallo sfondo. Sovrapposizione di piani e rimando reciproco allora fra arte, ballo e pittura alla ricerca di una compensazione che dal piano fisico del ballo trapassa in quello civile e letterario per concludersi in quello ideale e spirituale dell’arte. Pittura come ipertesto dunque al pari di ballo e letteratura.

                  Fabio Bianchi